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Avv. Alessia Chiocchetti

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La responsabilità contrattuale consiste nella violazione di uno specifico dovere, proveniente da un obbligo precedentemente assunto.

A differenza della responsabilità aquiliana che non presuppone alcun rapporto di tipo obbligatorio (negoziale o legale), tra danneggiato o danneggiante, ma soltanto la violazione del generale dovere del neminem laedere, quella contrattuale consiste nella violazione di uno specifico dovere, proveniente da un preesistente vincolo obbligatorio rimasto inadempiuto.

A questo proposito, la giurisprudenza della Suprema Corte afferma che “l’elemento differenziale tipico (tra le due responsabilità) torna ad essere non già la predeterminazione o la predeterminabilità dei soggetti nei confronti dei quali sussiste l’obbligo, ma la fonte, contrattuale o meno, di quell’obbligo” (Cass. n. 4051/1990).

In questo caso, vi è un inversione dell’onere della prova, nel senso che il danneggiato dovrà solamente provare l’esistenza di un contratto, mentre spetterà al debitore dimostrare che egli non ha colpa per l’occorso inadempimento.

Il risarcimento del danno si prescrive in dieci anni.

Secondo i principi generali la responsabilità contrattuale è disciplinata dall’art. 1218 c.c., il quale dispone testualmente che “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il suo ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile“.
La norma, mirante espressamente a garantire la tutela sostanziale della posizione creditoria, va incontro a dei temperamenti, frutto del coordinamento, in primis, con la disposizione di cui all’art. 1176 c.c. in materia di diligenza nell’adempimento dell’obbligazione, in conseguenza della quale, il debitore che, nonostante abbia agito con la diligenza richiesta, non abbia potuto adempiere all’obbligazione, sarà comunque esonerato dalla responsabilità risarcitoria.

Tag: responsabilità contrattuale

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