
Cosa accade quando al subappaltatore quando l’appaltatore fallisce? Che ne è del credito quando si deve ricorrere all’ammissione al passivo? Vi è prededucibilità del credito? Se il subappaltatore non certifica l’avvenuto pagamento, l’appaltatore può essere pagato dalla stazione appaltante?
Queste sono le domande che spesso sorgono al subappaltatore quando viene a conoscenza dell’avvenuta dichiarazione di fallimento dell’appaltatore dal quale aveva ricevuto incarico di eseguire dei lavori.
La giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto dei criteri per aiutare il subappaltatore a recuperare il proprio credito nell’ambito della procedura fallimentare, assicurando la prededucibilità del credito, e, al contempo, nel favorire il pagamento della massa dei creditori intervenuti.
Ciò in quanto il pagamento del subappaltatore viene considerato come a favore di tutta la massa dei creditori, poiché in assenza di questo la procedura a sua volta non può riscuotere il credito vantato nei confronti della stazione appaltante.
Sommario
Cosa fare se l’appaltatore fallisce
Quando l’appaltatore fallisce, il subappaltatore deve provvedere all‘ammissione al passivo per i crediti maturati e non ancora riscossi.
Entro quando deve farlo? Affinché l’istanza di ammissione al passivo fallimentare sia considerata tempestiva, deve essere avanzata entro 30 giorni prima dall’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.
Può farlo da solo? Sì, non è obbligatorio il patrocinio di un avvocato. Tuttavia, è sempre bene rivolgersi ad un professionista che conosce la procedura, può valutare attentamente la situazione e seguirvi in tutte le fasi qualora si rendesse necessario.
I crediti prededucibili nell’ammissione al passivo
Cosa sono, in parole semplici, i crediti prededucibili? Sono i crediti ammessi al passivo fallimentare che verranno soddisfatti (=pagati) per primi rispetto agli altri, sia quelli privilegiati che quelli chirografari.
E’ quindi chiaro il vantaggio di veder dichiarato come prededucibile il proprio credito.
La definizione normativa dei crediti prededucibili è rinvenibile nell’art. 111 Legge Fallimentare.
Detto articolo identifica come tali quelli qualificati come prededucibili da espresse previsioni di legge, nonché quelli sorti in occasione ovvero in funzione di procedure concorsuali.
Si rinvengono quindi due criteri utili all’identificazione dei crediti ammessi al passivo con prededucibilità:
- criterio cronologico, per i crediti sorti dopo l’apertura della procedura concorsuale
- criterio teleologico, per i crediti, seppur sorti in un momento antecedente l’apertura della procedura, che tuttavia risultano strumentali ad essa.
Il credito dei subappaltatori

Per quanto riguarda le sorti del credito dei subappaltatori, vi sono state in passato alcune incertezze giurisprudenziali, successivamente risolte dalla Corte di Cassazione come di seguito meglio specificato.
La sentenza che più viene in rilievo in materia è la n. 3402 del 5 marzo 2012, nella quale la Cassazione ha ritenuto la natura prededucibile del credito vantato dai subappaltatori a seguito di ammissione al passivo.
La Corte ha argomentato che “il collegamento “occasionale” ovvero “funzionale” posto dal dettato normativo (dell’art. 111 L.F.) deve intendersi riferito al nesso, non tanto cronologico né solo teleologico, tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, strumentale in quanto tale a garantire la sola stabilità del rapporto tra terzo e l’organo fallimentare, ma altresì nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa, e dunque risponde allo scopo della procedura in quanto inerisce alla gestione fallimentare”.
Questa premessa si ricollega alla previsione dell’art. 118 c. 3 del D.lgs. n. 163/2006, per la quale il pagamento del subappaltatore a seguito di ammissione al passivo costituisce una condizione di esigibilità del credito che la società fallita a sua volta vanta nei confronti della stazione appaltante (“qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari”).
Viene quindi così alla luce il nesso di strumentalità fra il pagamento del subappaltatore e gli interessi della procedura/massa dei creditori.
La sentenza è espressione di quell’orientamento giurisprudenziale che collega il concetto di credito prededucibile al criterio dell’utilità concreta.
In tema di prededucibilità del credito, si riscontra però un altro orientamento giurisprudenziale, questa volta di merito, che avversa la ricostruzione operata dalla Cassazione nella sentenza sopra richiamata.
In particolare, il Tribunale di Bolzano, con il decreto del 25 febbraio 2014, ha criticato l’estensione dell’interpretazione quanto alla prededucibilità operata dalla sentenza del 2002 innanzi richiamata, che ha avvallato un orientamento di merito che ammetteva la prededuzione per crediti sorti in un periodo antecedente alla procedura quando la spesa è stata sostenuta per un’attività ritenuta utile per la massa dei creditori.
I giudici bolzanini ritengono invece che il requisito teleologico quanto alla prededucibilità del credito è rinvenibile direttamente nella previsione dell’art. 111 L.F., debba essere interpretato in senso stretto, onde evitare un ingiustificato ampliamento della sfera della prededuzione che, essendo sottoposta al controllo del giudice delegato, non può legittimamente estendersi a fasi in cui tale controllo non può essere esercitato. Infatti, i singoli casi in cui è ammessa la prededuzione per crediti sorti fuori dalla procedura fallimentare sono ex ante individuati da specifiche previsioni legislative.
A nulla vale il collegamento che la Suprema Corte ha operato con la disciplina del Codice degli appalti, ritenendo il Tribunale che il meccanismo previsto dall’art. 118 c. 3 trovi applicazione solamente nei rapporti tra ente pubblico e società appaltatrice, essendo un meccanismo di tutela della pubblica amministrazione più che del subappaltatore, contrariamente a quanto affermato dalla Cassazione.
Queste conclusioni critiche rispetto alla sentenza n. 3402/2012, sono state successivamente riprese ed avvallate da altre pronunce di merito, in particolare Tribunale di Pavia, 26 febbraio 2014 e Tribunale di Milano, 17 luglio 2014.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3003 del 16 febbraio 2016 è nuovamente tornata sul punto, proprio in riforma di una sentenza del Tribunale di Bolzano, poi confermata in appello. La sentenza impugnata, in linea con le precedenti pronunce del medesimo Tribunale, non condividendo i principi posti dalla sentenza n. 3402/2012, aveva respinto il reclamo per il mancato accoglimento del credito in prededuzione, come richiesto nell’istanza di ammissione allo stato passivo.
In questa recente pronuncia, la Suprema Corte ha ulteriormente approfondito il principio espresso nel 2012, sottolineando come non vada inteso nel senso che il “credito vada ammesso, sempre e comunque, in prededuzione (finendo per dar luogo ad una sorta di innominato privilegio) e ciò anche se la massa dei creditori non tragga alcuna concreta soddisfazione dall’esecuzione di quel pagamento […]. Al contrario, l’ammissione del credito del subappaltatore al passivo fallimentare in prededuzione potrà trovare riscontro solo se e in quanto esso comporti, per la procedura concorsuale, un sicuro ed indubbio vantaggio conseguente al pagamento del committente-P.A. il quale subordini il suo pagamento di una maggior somma alla quietanza del subappaltatore in ordine al proprio credito, ai sensi del D.lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 3.”
Dalle pronunce innanzi richiamate si deduce quindi che – in sede di ammissione al passivo dei crediti – vada valutata in concreto l’utilità della predudicibilità del credito dei subappaltatori rispetto ai vantaggi che da questa può trarne la massa dei creditori ammessi al passivo fallimentare.
ammissione al passivo fallimentare
prededucibilità del credito